a cura di Simone Marsibilio
Nelle opere di Evgeniya Pankratova il quotidiano si trasforma in un grande palcoscenico: è il teatro dell’ordinario in cui ogni gesto, oggetto o simbolo assume un significato nuovo, inatteso. È un teatro muto, fatto di atti semplici – piegare un tessuto, accostare oggetti, osservare la luce che accarezza una superficie – che tuttavia si caricano di una potenza semantica universale. Qui il banale diventa straordinario, il noto si tinge di mistero e ogni frammento della quotidianità si rivela parte di un rito.
Questo teatro non si limita a rappresentare il mondo: lo riscrive, scena dopo scena, atto dopo atto. L’artista costruisce vere e proprie scenografie dove lo spazio si anima di tensioni sottili tra il visibile e l’invisibile, il familiare e il mitico. Soggetti come pianeti giocattolo, tessuti, fiori, stelle e figurine medievali si dispongono come attori su un palcoscenico simbolico. Qui il gioco si intreccia con il rito: gli oggetti vengono disposti, mossi, accostati in una dinamica che oscilla tra costruzione e spontaneità, tra significato e leggerezza. Ogni elemento è carico di una duplice natura: reale e immaginario, concreto e simbolico, tangibile e spirituale.
Le azioni e fatti abituali, spesso trascurati nella frenesia del vivere, si elevano in questa narrazione visiva a riti silenziosi, in cui il gesto umano diventa portatore di concetti stratificati. È un’indagine sul significato profondo dell’azione: che cos’è un gesto? Che cosa significa ripeterlo ogni giorno? Pankratova suggerisce che proprio in questi atti – tanto semplici quanto universali – si nasconde il senso più autentico del legame con il presente. E come nel gioco, ogni ripetizione introduce una variazione, una possibilità di riscrittura e invenzione.
L’artista attinge alla tradizione teatrale, facendo emergere parallelismi con le funzioni narrative di Vladimir Propp. Ogni gesto o oggetto diventa parte di un gioco di ruoli, un elemento di una sceneggiatura aperta che si compone nella mente dello spettatore.
La luce gioca un ruolo fondamentale in questo teatro dell’ordinario: è una lanterna magica che svela e trasforma. Riflettendosi su superfici e oggetti, la luce diventa metafora del rapporto con il visibile e l’invisibile, dell’interazione tra ciò che è con ciò che rimane nascosto. Le ombre, allo stesso modo, sono frammenti del non-detto, del non-visibile, che si insinuano nelle pieghe della realtà, aggiungendo profondità e mistero.
Le opere si configurano come stanze, come una sorta di spazio di contemplazione dotata di una nuova veste. Il semplice atto di guardare diventa rituale, un invito a soffermarsi sul dettaglio, cogliendo la magia che si nasconde nell’ordinario.
In questo senso, il teatro dell’ordinario non è solo una rappresentazione, ma un’esperienza sensoriale e meditativa: un richiamo alla capacità di attribuire significato agli atti più semplici.
La tecnica pittorica dell’artista, fatta di sottili stratificazioni di colore, contribuisce a creare l’illusione di uno spazio reale, lucentezza e oscurità. Ogni piega di tessuto, ogni riflesso, è reso con tale precisione che lo spettatore è spinto a interrogarsi non solo sul pensiero dell’immagine, ma sul proprio rapporto con essa. È come se ogni tela fosse una finestra su un mondo parallelo, in cui il confine tra realtà e immaginazione si dissolve.
Si intrecciano il profano e il sacro. E in questo fragile equilibrio tra dimensioni apparentemente opposte si generano spazi nuovi, aperti all’interpretazione.
Evgeniya Pantrokva dialogando sulle opere cita Roland Barthes: lo spazio interiore è il luogo della lotta contro i demoni, ma anche un’isola di serenità. Infatti, per l’artista in ogni scena si racchiude una tensione tra conflitto e quiete, tra il dramma del vivere e la serenità dell’osservare.
il teatro dell’ordinario, in tal caso, è un invito a guardare con occhi nuovi, in una nuova meraviglia. Ci ricorda che la dinamicità di un atto, per quanto piccolo e ripetitivo, ha significato, storia e poesia.
Le opere diventano connessione in ciò che siamo e con ciò che facciamo, perché dopotutto è negli atti più semplici che si nasconde il nostro senso di essere al mondo.
Biografia
Evgeniya Pankratova (nata nel 1997 a Mosca) vive e lavora a San Donà di Piave, Italia. Si è laureata al Moscow Academic Art College in Graphic Design e all'Accademia di Belle Arti di Firenze in Grafica d'Arte. Ha svolto residenze d'artista presso La Fondazione Arti Visive di Pietrasanta e Kulturvermittlung Steiermark a Graz. Attualmente collabora con la galleria Mimmo Scognamiglio di Milano, con la quale ha partecipato ad una mostra collettiva e a diverse fiere d’arte in Italia. Ha esposto in diversi spazi come la Galleria Tretyakov di Mosca, Rea Art Fair a Milano, Curating The Young a Ghent, in Belgio, e LINLI Art Space a Venezia.Nel 2023 è stata finalista del Premio Arte Laguna 17 nella categoria pittura, e le sue opere si trovano in collezioni private in Italia, negli Stati Uniti, in Russia e in Austria